A Venezia, il Todaro, la statua di San Teodoro d’Amansea, soldato bizantino martire d’Oriente, patrono della città prima di San Marco, posta un tempo, con tanto di drago sconfitto sotto i piedi, a difesa della città, sulla sommità di una delle due colonne in Piazzetta accanto a quella che regge il leone, si può ora ammirare da vicino, splendida dopo il restauro, posizionata sotto i portici nel cortile dei Senatori in Palazzo Ducale, in corrispondenza dello stemma dogale dei Loredan che campeggia sulla facciata. Ai tempi della guerra, la statua originale era stata ricoverata nell’abazia di Praglia vicino a Padova mentre, dopo lunghe polemiche, una copia in pietra d’Istria era stata issata sulla colonna, dove troneggia tuttora.
L’originale, quindi, la statua ibrida, resa estremamente delicata e fragile dalla secolare esposizione alle intemperie, assemblaggio di parti diverse, di differenti materiali, provenienze ed epoche, simbolo della potenza di Venezia e della sua grandezza nella capacità di fondere culture e civiltà diverse, non solo è stata restaurata, in una sinergia perfetta, con l’importante contributo di una sana eccellenza italiana produttrice di prelibatezze Bio, la storica Rigoni dell’Altopiano di Asiago, ma le varie fasi del restauro conservativo, per undici mesi, sono state seguite in diretta, tramite una webcam installata nel cantiere, da 150.000 persone che da tutto il mondo si sono collegate per vivere l’emozione del valorizzare un’opera d’arte e dell’impararne i segreti del restauro. Dal consolidamento, alla pulitura, dalla stuccatura alla ricostruzione ed alla protezione dei vari elementi lapidei o bronzei. Momenti che sono stati preceduti da una prima lunga fase di studio costituito da una dettagliata documentazione fotografica dello stato di fatto, da accurati rilievi grafici, da mappature delle forme di degrado, da indagini al microscopio digitale a 50-200X in luce naturale e UV, da tomografica ultrasonica e da magnetometria per individuare elementi metallici non visibili. Tali analisi e approfondimenti sono stati eseguiti in sinergia con i funzionari e i Tecnici della Soprintendenza e della Fondazione dei Muse Civici di Venezia.
A noi non resta che ammirare i risultati di questa collaborazione tra pubblico e privato che ha reso alla collettività un palinsesto di storia e cultura millenaria. La grande statua, rinata a nuova vita dopo il restauro, battezzata con tutti i crismi dal taglio di nastro del Vescovo di Venezia e dal discorso del Sindaco, è ora una delle affascinanti attrattive della città, perfetto assemblaggio operato nei secoli di materiali e stili diversi.
Il bel guerriero, che ha la testa di Costantino, assimilato al dio Sole, o di Mitridate, re del Ponto capace di tenere in scacco i Romani per lunghissimo tempo, opera in marmo bianco di provenienza turca, ha il tronco forse di una statua dell’imperatore Adriano, mentre braccia, gambe, scudo e armi in metallo assemblati in seguito, sono trecenteschi al pari della figura del drago, in marmo proveniente da un’isola nel Mar di Marmara. Il drago, che ha qui assunto l’aspetto di un coccodrillo e il muso di un cane, è posto, inesorabilmente sconfitto, sotto i piedi del guerriero. L’eroe uccisore del drago, rappresenta tradizionalmente il vincitore che trionfa sulla palude, luogo dove acqua e terra si congiungevano in modo caotico, in attesa di chi, creatore di un habitat più adatto all’uomo, vi portasse ordine.
Problematiche più che mai attuali e in sintonia con la filosofia ecologista del benemerito macenate di Asiago.
Testo e foto di Maria Luisa Bonivento